“Riapriamoci… di nuovo al Centro” è stata una ricerca, come recita il sottotitolo, per riavviare i circoli ANCeSCAO e Arci dell’Emilia Romagna a cura di Gino Mazzoli, docente all’Università Cattolica di Milano.
Perché riavviare i Centri? Perché dopo due anni di restrizioni sociali causate dalla pandemia una percentuale di iscritti che va dal 30% al 50% a seconda delle situazioni, ha smesso di frequentare i centri sociali. A questa criticità si aggiunge anche il fatto che la guerra in Ucraina e la crisi energetica ha aumentato le spese per i centri stessi mettendo alcuni di loro a rischio di chiusura.
La ricerca aveva come punto focale l’analisi delle persone che hanno “mollato”, conoscere i loro perché e trovare nuovi stimoli per riportare le persone nei centri sociali.
Per fare tutto questo sono state realizzate 289 interviste telefoniche a persone che avevano smesso di frequentare e altre 43 interviste in presenza ai presidenti dei centri. Le interviste che sono state fatte sia in strutture ANCeSCAO che in strutture dell’Arci, hanno portato alla conclusione che questo abbandono è dovuto alla situazione creata dalla pandemia e non per una minore attrattiva delle iniziative dei centri: questo vale sia per gli iscritti ANCeSCAO che per quelli dell’Arci.
Dice Gino Mazzoli: “Non è comunque facile fare ritornare queste persone. Bisogna dare un’attenzione maggiore alle persone e occorre, allo stesso tempo, una gestione accorta dei centri che devono offrire ambienti adeguati e puntare più sulle relazioni interpersonali che sulle tecnologie”.
Per Franco Cattabriga, presidente di ANCeSCAO Emilia Romagna “Questo progetto che ci ha aiutato a comprendere lo stato dei centri sociali, ci ha aiutato a capire a come riportare le persone”.
Da questo progetto è emersa però un’altra urgenza: se bisogna ricreare le condizioni ideali per gli anziani dei centri, bisogna però pensare ad agganciare persone diverse visto che i nuovi anziani hanno modi diversi di stare assieme e la tipica figura del frequentatore del centro si sta via via assottigliando.
Aggiunge Gino Mazzoli: “Nella riprogettazione delle case di quartiere occorre tenere presente che le persone a cui rivolgersi non sono più solo gli anziani ma anche altri”.
E insiste Franco Cattabriga: “I centri devono cambiare, guardiamo con interesse le case di quartiere, dove però la nostra autonomia e quella dei volontari deve rimanere ed è importante è la collaborazione nel mondo del volontariato”.
Tutti questi cambiamenti sono necessari per far si che i centri sociali continuino a esistere e questo è importante, perché, come ha sottolineato anche questo progetto, “i centri sono un modo di tenere desta la vita sociale del nostro paese e dunque anche la democrazia”.
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